Costeggio il confine Iraniano per qualche chilometro, avvicinandomi alla frontiere. Vedo molte torrette di controllo intorno a me, i cartelli stradali passano dall’Armeno al Persiano, entrambi incomprensibili. Rimango quasi un’ora fuori dalla frontiera a contemplare gli ultimi attimi in Armenia, nazione dai paesaggi magnifici, che mi ha messo a dura prova. Estasiato della soddisfazione di essere giunto finalmente in Persia con le mie gambe, prendo un bel respiro e mi reco verso l’ingresso per effettuare i controlli. Poco più di un’ora e sono libero, calpesto per la prima volta l’Iran. Mi allontano di poco e inizio una diretta su Facebook, raccontando di essere finalmente in terra Iraniana. In lontananza sopraggiungono dei soldati a bordo di un pick-up. Mi invitano ad andare con loro e mi eliminano foto e video dal telefono, fortunatamente senza guardare i social network. Dopo varie incomprensioni e un’oretta di ansia, mi lasciano andare, scortandomi a qualche chilometro dalla frontiera. Cammino circa una settimana lungo il confine Iran Armenia, ci sono soldati ovunque, è strano, mi sento sempre osservato. Quando la rotta si sposta finalmente verso sud inizia il mio viaggio in Iran. Un viaggio fatto di accoglienza, sorrisi, belle persone, cultura, musei e tanta voglia di migliorare il mondo. Da Jolfa, passando per Tabriz, Teheran, Esfahan, fino a Shiraz. In un popolo le cui radici risalgono al 500 a.C. tra usanze, credi e archeologia.
L’Azerbaijan mi ha accolto con la notte peggiore della mia vita. Prima notte in terra Azera: dietro di me un temporale in avvicinamento, tutto intorno il nulla, solo camion militari che vanno e vengono. Inizio a montare la tenda sotto la grandine, il terreno non drena e tutto intorno a me inizia ad allagarsi. Mi rassegno a una notte seduto, senza dormire, nella tenda, lavato fradicio, ma nel buio della notte arrivano i militari. Mi obbligano a smontare e andarmene, mi ritrovo a camminare al buio, sotto la pioggia, con lo zaino mezzo aperto e l’attrezzatura buttata dentro. Dopo due ore trovo una tettoia, con una panca larga meno di una spanna, che mi sollevava dai 20 cm di acqua che c’erano a terra. Il giorno seguente fortunatamente c’era il sole. Fu una situazione difficile, dove imparai che in quella terra arida, la pioggia diventava un problema se ero nel posto sbagliato.
L’Azerbaijan si presenta caldo, pianeggiante, monotono e dannatamente povero. Ho camminato per settimane in mezzo al nulla, sotto il sole quocente. La cucina purtroppo è sporca e anche le acque, cosi ho passato tre settimane con la dissenteria. Arrivato a Baku, la cui periferia fa paura, ho trovato una città moderna, ricca, in piena evoluzione, circondata da un paese intero dove povertà e malattie uccidono ogni giorno.
Un ragazzo in moto mi vede e si ferma, decidiamo di accamparci insieme per la notte. È polacco, ha viaggiato mezzo mondo in moto ed è tutto matto come me. Accendiamo il fuoco, mangiamo e ci raccontiamo le nostre avventure. In sottofondo quella notte si sentivano i lupi, mi avevano avvisato nei giorni precedenti, ma quando li sentii in lontananza mi vennero i brividi. La mattina seguente decidiamo di partire insieme e di farmi trainare con i pattini. Leghiamo il carretto, io mi aggrappo forte e si parte! 40km attaccato ad una moto! #motosamsara
Baku 30/09/2018
Yerevan
Dopo aver trascorso una notte in ostello per riorganizzarmi, sono pronto a ripartire. Devo attraversare tutta l’Armenia da nord a sud. Capisco subito che sarà impegnativo, le temperature si abbassano e i dislivelli aumentano. Valico passi a circa 2000 metri, con temperature sotto le zero, le strade di fango e sassi, per poi riscendere a valle, dove le temperature sono ancora calde. Tra i paesaggi mozzafiato e le gambe che bruciano, i punti di approvvigionamento sono diminuiti, mi accorgo che nei piccoli villaggi gli alimenti sono quasi sempre scaduti. È un paese povero, in conflitto con L’Azerbaijan da troppo tempo, per ottenere il possesso del Nagorno Karabakh. L’ospitalità purtroppo non è sempre delle migliori, ma verso sera trovo sempre chi mi vuole offrire una vodka. È un pase filorusso e si vede. È pieno di cani randagi, troppi, molto aggressivi e odiati dalle persone. Girano in branco ed è diffusa la rabbia, ho passato giorni infernali per questo. Le montagne mi hanno spaccato le gambe e ho patito il freddo, ma é un paese selvaggio ed è un bellissimo ricordo.